Amelia Rosselli, fra le sue prime composizioni, dedicò amabili brevi poesie all’amico Rocco Scotellaro. In questa, ci propone uno dei pochi Cristi che, seppure non siamo certi se continuare a divinizzarlo, ha la forma di cui abbiamo bisogno: il disincanto. Garzanti Libri.
Archivi della categoria: recensioni
“Dolcezza”
Quasi un testamento d’amore o un testamento di erotismo. Questi versi hanno l’ardire di struggerci e non lo fanno con la ferocia ma con tutta la dolcezza che possiamo vivere. Alda Merini in Clinica dell’abbandono. Einaudi.
“La donna di picche”
Cos’è un sogno se non la remissione di Dio all’impresa della carne che batte, si frantuma e in-definisce i confini lì dove si sperde il cuore? Alda Merini in La donna di picche. Einaudi.
“Albergo a ore e altre poesie”
La poesia è un rebus, un tranello, un escamotage per cadere- chiamiamola divertissement e scopriremo come morire ridendo. A volte non si intende se è ortonima o eteronima ma oggi vi dirò che non ha importanza: quando non c’è più una donna a cui poter raccontare l’amore, che sia amante, amica o madre, perfino laContinua a leggere ““Albergo a ore e altre poesie””
“E allora mostra a tuo figlio”
Può una poesia essere denuncia sociale? Può essere proclama, manifesto, invettiva, dialogo, accesso all’idea, semantica dell’etica? Se la risposta è sì, “nessun problema”, come si dice nelle viscere sarcastiche della in-civiltà. In ricordo di L. Ferlinghetti.
“Storia dell’aeroplano”
Quando un poeta ci spiega un fatto e ce lo descrive con qualche parola e molti spazi vuoti, quando un poeta si accorge che c’è terra bruciata in tutto il mondo e sul vento delle ceneri lascia che si dipani la libertà del dolore, quel poeta no, non può morire. L. Ferlinghetti in Storia dell’aeroplano.
“Poesia come arte che insorge”
E non sarà della sua morte che parlerò, non sarà del ricordo o della nostalgia: parlerò solo di quell’attivismo civico che diventa linguaggio per tornare corpo e riposizionare la biologia dell’etica dentro gli scheletri dell’umano. Ferlinghetti ci dimostra l’immortalità della parola poetica, anche il giorno della sua morte.
“I poeti di sette anni”
Rimbaud giovanissimo scrive dell’esser poeta a sette anni, dell’austerità delle madri scritturate ai libri del dovere, di sciami di altri bimbi vagamente familiari e così tanto estranei, della Bibbia da leggere e del segreto oppresso, dell’amore negato a un Dio che non ama e del sogno in cui dal sacro pube d’infante si prende ilContinua a leggere ““I poeti di sette anni””
“Sognato per l’inverno”
Un giovanissimo Rimbaud canta i primi amori, i primi treni, i primi baci che scheggiano la pelle come lame sul collo, i primi incubi e la prima ricerca-mutua e solidale- della bestia che imprime le tappe, le soste, le esperienze e le rivoluzioni.
“Sensazione”
Arthur Rimbaud si proclamava veggente e la poesia era quella voce interiore implacabile, veemente e assordante che chiamava alla vita. Sale l’amore nell’anima, sale la poesia in tutta la carne dell’essenza umana.