
L’Infinito, la lirica più famosa dei Canti leopardiani, è ancora oggetto di indagine e incertezze critiche perchè, tra le sue marcate figure retoriche (enjambement, anastrofi, polisindeti), lascia ancora un profondo horror vacui sui suoi molteplici e multiformi significati che, nella loro innovazione rispetto ai canoni precedenti, forse più concettuale che formale, riesce sempre a spaesare e irretire il lettore che scopre, a qualsiasi latitudine, come ci si possa sperdere nella tempesta umana e dolcemente naufragarsi tra le intemperie amorose e psicologiche comuni a qualsiasi era.