“Serata romana” in cui si vaga per la città come fosse una vita, una vita intera di sampietrini e fontane, si percorre in modo ossessivo, agghiacciante, in perdurante monito di (certi) tintinnii familiari che non dicono altro che cucina, abitudine e millenari pasti consumati all’ombra di “misere mete”. Accontentarsi è viltà, essere diversi è innocenza e con l’innocenza-solo con l’innocenza-si strappa un giorno ancora alla morte e la città ci dorme ai piedi, Roma esausta dopo il suo coito di coraggio. Pier Paolo Pasolini in “La religione del mio tempo”, Garzanti Libri.
