Quante volte, durante l’arco della vita di cui non conosciamo l’esclusività o la moltiplicabilità né la possibilità di conciliazione delle due ipotesi, seppur impensabile – si rivive il trauma dell’estromissione dall’utero materno?
Estromettere è un movimento di posa all’infuori, di getto, nel getto della separazione, del via da sé che pur compie un combaciamento tra il sé originale e quello derivativo – madre e figlio – che si riuniscono nell’individuazione univoca e reciproca.
Quante volte nasciamo nel morire e moriamo nella nascita, in quella particella – ex – che si ripercuote perfino nelle abisso dell’essere – ex- sistentia – a sé o da sé, forma formante e formata?
L’immagine è un frammento del dialogo visivo dell’artista Roberto Di Costanzo con la mia prossima silloge “Donna Politica Galante”.
