Friedrich Schiller saggista, filosofo, poeta e drammaturgo tedesco della seconda metà del Settecento, pressoché ignorato come poeta in Italia, forse per via del giudizio negativo di Benedetto Croce sul suo approccio alla poesia, filosofico e poco romanticistico (ma qualcosa mi fa pensare che il suo pensiero sulla religione abbia sancito una certa ostilità della critica a lui rivolta -non si smentisce, l’Italia-), delinea un versificare che, con l’uso di metafore e continui rimandi epici, conduce alla comprensione dell’idea che sta alla base della poesia stessa e cioè un attivismo ideologico colto e intellettualistico, perfettamente calato nel clima di ricerca del suo periodo, che non risparmia critiche alla modernità che ha sacrificato il collettivismo del politeismo dell’antica Grecia, ricco di sentimento panico, a un monoteismo soggettivista cupo, impersonale e retto da leggi scientifiche che meccanicizzano la vita e il destino dell’uomo, vittima della scissione dell’io in particelle sub-umane, sub-etiche, sub-divine. la Feltrinelli.
